martedì 6 ottobre 2009

Sì allo sviluppo, ma sostenibile

Gli eventi tristissimi che hanno recentemente sconvolto i paesi del messinese ci inducono a riflettere, ancora una volta, sull’importanza di conoscere e salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.

Nel caso specifico, ad esempio, si sono resi evidenti gli effetti dannosi determinati dall’edificazione su terreni a rischio idrogeologico e dalla deforestazione per tagli e incendi.
Gli presenza di alberi, infatti, oltre a ridurre la quantità di anidride carbonica presente nell’aria, contribuendo a limitare l’effetto serra del pianeta, protegge il suolo, prevenendone l’erosione e le sue catastrofiche conseguenze.

Sfruttare le risorse in modo irrazionale può comportare un prezzo troppo alto.

Risulta evidente che l’attuale modello di sviluppo, in tutti i settori delle applicazioni umane, non è sostenibile e necessita un cambiamento.

Perseguire un modello di sviluppo che sia sostenibile non è solo compito dei governi, ma coinvolge tutti i cittadini, nella vita di tutti i giorni.

Molte azioni che noi ripetiamo quotidianamente come accendere le luci, far funzionare gli elettrodomestici, accendere l’impianto di riscaldamento, andare in macchina, gettare i rifiuti, hanno delle ricadute ambientali non trascurabili.
Dobbiamo pertanto ripensare un modello di sviluppo che sia sostenibile per noi e per i nostri figli.
Investire sulla formazione dei giovani, inoltre, è fondamentale, con l’educazione al rispetto dell’ambiente e all’uso razionale delle risorse naturali ed energetiche.

Ma cosa si intende per sviluppo sostenibile?

Una delle migliori definizioni è quella riportata nel “rapporto Brundtland”, redatto dalla Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo nel 1987 che recita così:

“E’ lo sviluppo capace di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni”

Il progresso ha condotto ad un incremento costante dei consumi, a tutti i livelli.
Quando i beni e i prodotti che consumiamo quotidianamente vengono creati e usati nel pieno rispetto dell’ambiente e delle risorse, si parla di consumo sostenibile.

Ciò implica un corretto uso delle risorse energetiche e ambientali, contribuendo, ognuno per la propria parte, al raggiungimento degli impegni nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Questo significa, in altri termini, migliorare la qualità dell’ambiente in cui viviamo e risparmiare denaro.
Si consideri che le famiglie sono responsabili di circa il 27% delle emissioni nazionali di gas inquinanti.
Il 10% di queste emissioni proviene dagli impianti di riscaldamento, il 9% proviene dal trasporto privato e il 3% dai rifiuti solidi urbani.

Ecco qualche dato di riferimento che può far riflettere.

Il consumo di un solo chilowattora (kWh), che corrisponde a circa mezz’ora d’accensione di uno scaldabagno o di una stufetta elettrici, richiede, nelle migliori centrali termoelettriche, la combustione di circa 250 grammi d’olio combustibile (un quarto di chilo di petrolio) e provoca l’immissione nella atmosfera di 750 grammi di anidride carbonica (circa 400 litri di CO2).

Una prima conclusione è pertanto quella di razionalizzare l’uso dell'impianto di riscaldamento, impiegando caldaie ad alta efficienza, evitando temperature troppo alte (vanno bene 20° durante il giorno e 16° la notte) e regolando il cronotermostato in modo da limitare il numero di ore di accensione al tempo strettamente necessario.

Altro ambito di miglioramento è quello dei trasporti.

La crescente esigenza di mobilità di persone e merci ha portato ad un aumento del volume del traffico passeggeri e a un aumento dei consumi energetici.
L’attuale sistema della mobilità, basato sulla gomma e sul trasporto individuale di persone e merci, è tra le principali cause dell’inquinamento acustico e atmosferico e di spreco energetico.
In conseguenza di ciò, sono anche aumentati i rischi per la salute, senza dimenticare i danni ai monumenti e l’occupazione di spazio pubblico da parte dei veicoli parcheggiati.
Per migliorare la qualità della vita nelle nostre città e per ridurre i rischi per la nostra salute sono necessari interventi risolutivi, non solo migliorando l’efficienza energetica dei mezzi e promuovendo modi di trasporto a ridotto impatto ambientale, ma anche favorendo una “mobilità sostenibile”.

A tal proposito, si possono citare le diverse iniziative governative in questa direzione:

• le disposizioni comunali di limitazione del traffico nelle città;

• la modifica del sistema degli incentivi per la rottamazione;

• il decreto Ronchi che impone il rispetto dei limiti di inquinamento, soprattutto da benzene;

• i Decreti Ministeriali che impongono il controllo annuale delle emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli;

• i Piani Urbani del Traffico (PUT) resi obbligatori per i comuni con più di 30.000 abitanti che hanno l’intento di migliorare la circolazione e la sicurezza stradale, ridurre i consumi energetici e le emissioni acustiche e di gas inquinanti;

• i fondi che le amministrazioni locali potranno utilizzare per finanziare progetti pilota di razionalizzazione della mobilità urbana che utilizzino mezzi di trasporto pubblici elettrici e veicoli a due ruote;

• l’istituzione della figura del Mobility Manager, responsabile della mobilità aziendale per ottimizzare gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti;

• la promozione di forme di uso multiplo delle autovetture, che prevedono il pagamento di una quota proporzionale al tempo d’uso e ai chilometri percorsi (taxi collettivi, car sharing, car pooling).

Quando è possibile, quindi, spostiamoci a piedi o con il mezzo pubblico (bus, metro, tram, car sharing).

Altro tema bollente è quello dei rifiuti.


Se riutilizzati, possono essere una preziosa fonte di energia e di materie prime.
Una famiglia di 4 persone produce ogni giorno, in media, oltre 4 kg di rifiuti.

Con il “Decreto Ronchi” (Dlgs n. 22/97), è stata introdotta la “gestione integrata” dei rifiuti, che mira ad ottimizzare il loro riutilizzo, riciclo, recupero e smaltimento.

Il contributo che noi consumatori possiamo dare è quello di cercare di produrre una minore quantità di rifiuti, soprattutto di imballaggi e contribuire ad effettuare la raccolta differenziata.

La separazione dei rifiuti è la condizione essenziale per poter recuperare materiali di buona qualità, riutilizzabili e vendibili nel mercato del riciclaggio, e per far sì che i rifiuti destinati alla produzione di energia siano privi di materiali tossici e pericolosi.

Non dimentichiamo che esistono anche rifiuti tossici e pericolosi per l’ambiente e per l’uomo: sono le pile elettriche, i medicinali scaduti e gli oli esausti.
Per legge devono essere raccolti negli appositi contenitori.
Mi raccomando, facciamolo sempre.
Questi rifiuti, una volta raccolti, vengono resi innocui con speciali procedimenti chimici e fisici.

Altra risorsa preziosissima: l’acqua.
Essa è una risorsa rinnovabile ma, a causa del progressivo scadimento della sua qualità, non può essere considerata una risorsa infinita.

Purtroppo, la cattiva condizione della nostra rete idrica fa sì che quasi 1/3 dell’acqua immessa nei nostri acquedotti viene persa strada facendo.
Dei 250 litri che, mediamente, ognuno di noi consuma al giorno per gli usi domestici, solo una parte viene utilizzata per il consumo diretto, per cucinare o per l’igiene personale, usi che richiedono la più alta qualità. La parte prevalente viene impiegata per usi non privilegiati: sciacquoni, macchine per lavare, lavaggio di pavimenti, giardinaggio, o persa per incuria.

Non solo: l’acqua prima di uscire dal nostro rubinetto deve essere pompata, depurata, canalizzata e, per alcuni usi, anche riscaldata.

Quindi sprecare acqua significa anche sprecare energia.

Ricordiamo che esistono in commercio alcuni erogatori di acqua che riducono la portata del flusso, e che permettono così di risparmiare sulle spese di acqua e di energia. Questi dispositivi, miscelano l’acqua aumentandone la pressione e arricchendola d’ossigeno. L’acqua esce così in quantità minore, ma con maggior potenza lavante.

L’effetto serra

Negli impianti che utilizzano combustibili fossili (petrolio, carbone) non si genera solo energia, ma vengono liberati nell’aria anche vapor acqueo e anidride carbonica.
Inoltre, dato che il combustibile non brucia mai completamente, oltre all’anidride carbonica vengono emessi gas che sono inquinanti, quali l’ossido di carbonio, il metano e altri idrocarburi, oltre che ossidi di azoto e di zolfo. Una elevata concentrazione di questi gas nell’atmosfera è responsabile dell’aumento del naturale effetto serra del pianeta.

Per comprendere cosa sia l’effetto serra, guardate il seguente video, molto istruttivo e divertente, di Claudio Messora:




La conseguenza ambientale più preoccupante dell’aumento dell’effetto serra è la possibilità che si verifichino cambiamenti globali di clima.


Gli impegni assunti dai governi dei paesi industrializzati (tra i quali la conferenza di Rio del 1992 e il protocollo di Kyoto del 1997) tendono a perseguire i seguenti obiettivi:

• promuovere azioni di riforestazione per incrementare le capacità del pianeta di assorbimento dei gas serra;
• promuovere forme di gestione sostenibile di produzione agricola;
• incentivare la ricerca, lo sviluppo e l’uso di nuove fonti di energie rinnovabili;
• limitare e ridurre le emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e dagli altri settori energetici;
• applicare misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di gas serra.
• migliorare l’efficienza tecnologica e ridurre i consumi energetici nel settore termoelettrico, nel settore dei trasporti e in quello abitativo e industriale.

Perseguire un modello di sviluppo sostenibile è quindi possibile, ma necessita un impegno costante da parte di tutti.
Riflettiamo, comunque, sul fatto che una corretta educazione, in famiglia e a scuola, delle nuove generazioni potrà trasformarlo da semplice impegno a componente essenziale dell’esistenza umana.

Una luminosa giornata a tutti.

Josè

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