giovedì 5 novembre 2009

Il Clima sta cambiando?

Il clima sta cambiando?
Cosa provoca questi cambiamenti?
Il nostro pianeta è veramente ammalato?
Cosa dobbiamo aspettarci?

Queste sono alcune tra le domande che spesso ci poniamo, quasi sempre in occasione di eventi meteorologici disastrosi.

E’ possibile fornire una risposta a queste domande?

Innanzitutto, facciamo chiarezza su alcuni termini:

• la parola “clima” viene impropriamente utilizzata per parlare di “tempo meteorologico”;
• il tempo “meteorologico” è lo stato dell’atmosfera in un dato luogo e in un dato momento e varia da luogo a luogo e nel corso dei giorni, in funzione dei movimenti delle grandi masse d’aria e dei loro scambi con la superficie terrestre;
• il “clima” è la combinazione delle condizioni meteorologiche prevalenti in una regione, su lunghi periodi di tempo (25-30 anni).

Quanti tipi di clima esistono?

Eccone alcuni:

• clima equatoriale;
• clima della savana;
• clima arido caldo o desertico;
• clima steppico o arido;
• clima umido temperato;
• clima boreale;
• clima nivale o delle tundre;
• clima del gelo perenne.

Alla base dei complessi meccanismi che regolano il clima sulla terra, c’è un solo fattore comune: l’energia del sole.

Essa viene assorbita dal sistema terrestre e si trasforma in altre forme di energia che danno origine ai movimenti dell’atmosfera, dei mari, ecc., ma anche in varie forme di energia bio-chimica che sono alla base della evoluzione della vita sulla terra.





Dopo queste trasformazioni l’energia solare, ormai “degradata”, ritorna nello spazio.
Tra l’energia che entra sulla terra e l’energia che esce, si stabilisce un equilibrio complessivo, rappresentato dal “clima”.

Pertanto, mentre nel linguaggio comune il clima è definito dalle condizioni meteorologiche medie (temperatura, precipitazioni, vento, umidità) in un arco di tempo di almeno trent’anni, per gli studiosi è definito come lo stato di equilibrio energetico tra flusso di energia solare entrante sul nostro pianeta e flusso di energia uscente dal nostro pianeta.

L’età della Terra viene oggi stimata in circa 5 miliardi di anni, ed è ormai accertato che, sin dalle sue origini, il pianeta ha subito un alternarsi di periodi freddi (glaciazioni) e periodi di clima temperato o caldo, estesi entrambi milioni di anni. Continue oscillazioni del clima, pertanto, sono sempre state la norma.

Ad ogni sua variazione piante, animali e uomini hanno dovuto trovare nuove forme di adattamento, spesso migrando in cerca di ambienti più ospitali. Questa è stata una delle chiavi della sopravvivenza di ogni specie vivente.

Quello che segue è un ottimo video, prodotto dalla Fondazione Umberto Veronesi, che illustra in modo eccellente gli argomenti trattati:




Si parla spesso di come le attività umane influenzino notevolmente i cambiamenti climatici.
Tra gli argomenti maggiormente trattati, l’effetto serra rappresenta di certo quello più noto.

Esso è un fenomeno naturale determinato dalla capacità dell’atmosfera di trattenere sotto forma di calore parte dell’energia che proviene dal Sole, grazie alla presenza di alcuni gas, detti “gas serra”, che “intrappolano” la radiazione termica emessa dalla superficie terrestre riscaldata.

Grazie a questo fenomeno, la temperatura media della terra si mantiene intorno ai 15°C, contro i -19°C che si avrebbero in assenza dei “gas serra”.

I principali gas serra sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto.

L’effetto serra è, pertanto, un fenomeno positivo per la vita sul pianeta.

Con le emissioni in atmosfera di grandi quantità di gas serra prodotti dalle attività umane, si sta tuttavia generando un effetto serra “aggiuntivo” a quello naturale, che tende ad alterare tutti gli equilibri del sistema climatico.




L’uomo, infatti, modifica costantemente la composizione dell’atmosfera, introducendo nuove sorgenti di gas serra ed interferendo con i serbatoi naturali.

Le emissioni derivano per la maggior parte dal consumo e dalla combustione di fonti fossili (petrolio, carbone), altre provengono da alcune produzioni industriali, dall’agricoltura, dall’allevamento e dalla gestione dei rifiuti.

D’altro canto, diminuiscono gli assorbitori di gas serra, per distruzione o per cambiamento d’uso, rappresentati delle superfici forestali che hanno la proprietà di assorbire l’anidride carbonica.

Guardate adesso questo video molto interessante, trasmesso da TGR3 Leonardo:




Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e sulla base dei più recenti studi dell’IPCC (Intergovernemental Panel on Climate Change) la maggior parte degli esperti concorda nel ritenere che, a causa dell’aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera, nel prossimo futuro potremmo aspettarci i seguenti fenomeni:

• aumento della temperatura del pianeta;
• aumento delle precipitazioni;
• aumento nella frequenza e nell’intensità di eventi climatici estremi;
• aumento del rischio di desertificazione in alcune zone;
• diminuzione dei ghiacciai presenti nelle principale catene montuose mondiali;
• crescita del livello del mare. Negli ultimi 100 anni si è già verificato un innalzamento di circa 10/25 cm.

Le più rilevanti conseguenze dei cambiamenti climatici riguardano gli ecosistemi terrestri ed acquatici ed i sistemi antropici come l’agricoltura, le risorse idriche, l’ambiente marino-costiero, la salute umana.

Le precipitazioni atmosferiche sono destinate ad aumentare a livello globale in conseguenza dell’aumento della temperatura, che produce una maggiore l’evaporazione, accelerando ed intensificando il ciclo dell’acqua nel sistema climatico.

L’atmosfera diventerà pertanto più calda e più umida, portando ad una variabilità di situazioni a livello regionale maggiore di quella attuale: in particolare, eventi di siccità e/o di alluvioni si aggraveranno in alcune zone, mentre in altre diventeranno meno gravi.
Inoltre, poiché aumenterà l’intensità delle precipitazioni, le piogge a carattere alluvionale saranno più numerose.

I cambiamenti climatici potranno indurre, con ogni probabilità, variazioni consistenti anche nelle rese agricole e nella produttività, modificando pertanto l’attuale quadro mondiale di produzione alimentare.

Molti studiosi concordano sul fatto che i cambiamenti climatici potrebbero produrre effetti indiretti sulla salute umana, anche se previsioni in tal senso sono molto difficili da fare.

In particolare, può essere previsto un aumento della diffusione di malattie infettive trasmesse direttamente da microrganismi o insetti, a causa di una maggiore distribuzione geografica e di migliori condizioni di sopravvivenza per questi organismi.

Secondo le previsioni, una quantità compresa fra un terzo e la metà dell’attuale massa glaciale potrebbe scomparire nei prossimi cento anni.

A tal proposito, godetevi questo video molto suggestivo, prodotto da Greenpeace:




Lo scioglimento dei ghiacciai influirebbe anche sulla distribuzione stagionale e geografica dei flussi idrici e quindi sulla disponibilità di acqua per gli usi civili, industriali, per la produzione idroelettrica e per l’agricoltura. In altre parole, ci potrebbe essere maggiore disponibilità d’acqua nelle zone dove attualmente le risorse idriche sono già abbondanti e minore dove attualmente la carenza di risorse idriche è già un grave problema.

Il livello medio del mare è destinato a crescere, cosicchè alcune popolazioni costiere potrebbero subire danni particolarmente significativi a seguito delle inondazioni e delle perdite di territorio dovute all’erosione.

Nei prossimi 100 anni, l’innalzamento previsto di 50 cm del livello del mare metterebbe a rischio circa 100 milioni di persone; rischio particolarmente elevato per le piccole isole e per i delta fluviali.

Quali azioni, a livello mondiale, sono state intraprese per ridurre tali fenomeni?

Nel giugno 1992 a Rio de Janeiro, nel corso della Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, i paesi aderenti alle Nazioni Unite hanno sottoscritto diversi documenti relativi ad impegni finalizzati allo “Sviluppo Sostenibile” e tra questi la “Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici”. Firmando questa convenzione gli stati si sono impegnati ad adottare programmi e misure finalizzate alla prevenzione, controllo e mitigazione degli effetti delle attività umane sul pianeta.

In particolare, l’obiettivo della Convenzione è quello di (art. 2) “stabilizzare le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad effetto serra ad un livello tale da impedire pericolose interferenze di origine umana con il sistema climatico”.

Successivamente, nel dicembre 1997, a Kyoto, è stato concordato un Protocollo attuativo della Convenzione che impegna i Paesi industrializzati e quelli in economia di transizione (i Paesi dell’est europeo), responsabili di oltre il 70% delle emissioni mondiali di gas serra, a ridurre complessivamente, del 5,2% rispetto ai livelli del 1990, le emissioni entro il 2012.

La riduzione complessiva 5,2% viene ripartita in maniera diversa: per i Paesi dell’Unione Europea nel loro insieme, la riduzione deve essere dell’8%, per gli Stati Uniti dell’7% e per il Giappone del 6%. Nessuna riduzione, ma la stabilizzazione è prevista per la Russia, la Nuova Zelanda e l’Ucraina.

Non sono previste limitazioni alle emissioni di gas ad effetto serra per i Paesi in via di sviluppo, perché tale limite rallenterebbe o comunque condizionerebbe il loro sviluppo.

Detto questo, che tempo farà domani? :)

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