domenica 25 ottobre 2009

La gestione dei conflitti

Carissimi,
a chi di noi, nella vita di tutti i giorni, in famiglia, nel sociale, sul posto di lavoro, non è mai capitato di confrontarsi con situazioni conflittuali?

La conflittualità fa parte della nostra vita, nel senso che non è possibile evitarla del tutto, anche perché le situazioni conflittuali sono in continuo aumento nella società odierna.

Cos’è un conflitto?

Per conflitto s’intende una condizione nella quale, durante una transazione, uno o entrambi gli interlocutori, nel tentativo di raggiungere i propri obiettivi e d’influenzare la controparte, volontariamente o per incapacità, non tengono conto del deteriorarsi dei rapporti interpersonali.
La conflittualità va comunque gestita adeguatamente, per far in modo che non prevalga diventando un elemento bloccante e deteriorando l’autostima di ciascuno di noi.

Il conflitto non è sempre un evento negativo, una minaccia.

A volte, se il conflitto è moderato, può rappresentare uno stimolo al miglioramento. Inoltre, ogni situazione può essere gestita in modo tale da ricavarne un vantaggio personale, con l’applicazioni delle opportune tecniche e strategie che sono, essenzialmente, di buona comunicazione.

E’ possibile, insomma, mantenere buone relazioni personali, nonostante possibili divergenze di opinioni, conseguendo, al contempo, il riconoscimento del nostro punto di vista nell’ambiente in cui viviamo.

Non è facile, è vero, ma possibile.

Basta esercitare con costanza la propria personalità, rendendo naturali i comportamenti cosiddetti “assertivi”, al fine di giungere ad approcciare adeguatamente ogni situazione.

E’ necessario che questi comportamenti diventino “automatici”.

Quali sono i motivi dell’aumento della conflittualità nella società odierna?
Perché gli individui stanno perdendo la capacità di relazionarsi, di comunicare in modo efficace, nonostante la nascita e lo sviluppo di tante nuove forme di comunicazione, dal cellulare, al blog, al social network?

Sicuramente, alla base di ogni conflitto, qualunque sia la sua natura, vi è il fatto che venga messa in crisi la propria immagine, il proprio ruolo.

Quali sono i conflitti più comuni?

Il più diffuso è certamente quello familiare, di scontro generazionale tra genitori e figli. Questo tipo di conflitto è sempre esistito, ma oggi avviene quando i figli sono ancora molto piccoli e questo preoccupa alquanto.

Sempre in ambito familiare, vi sono i conflitti di coppia.

Entrambi hanno come fattore comune la mancanza di un’adeguata comunicazione.

La stessa cosa si può dire per i conflitti in ambito sociale (chi non ha mai avuto problemi nelle riunioni di condominio?) e, in particolare, lavorativo, nei quali la comunicazione riveste certamente un ruolo primario per il successo personale.

In particolare, in ambito lavorativo, esistono situazioni specifiche in cui è molto alto il rischio di conflittualità. Ad esempio, nei cambiamenti della mission aziendale, o nei cambiamenti al vertice dell’azienda, piuttosto che, ovviamente, nei casi di mobilità, cassa integrazione, ecc.

Ma anche i conflitti tra colleghi si verificano con frequenza. Gelosie, invidie, carriera, incomprensioni sono alla base di comportamenti conflittuali di lieve, moderata o estrema tensione.

Come gestirli?

Esistono alcune regole generali che si adattano a qualunque tipo di conflitto e regole specifiche che valgono in un particolare ambiente piuttosto che in un altro.

Nei conflitti familiari, ad esempio, si adottano le strategie dell’analisi transazionale.
In ambito sociale, si adottano le teorie sui comportamenti assertivi.
Sul posto di lavoro, ci vengono in aiuto gli stili di negoziazione, se il conflitto è con il capo, o le tecniche di persuasione se è con un collega.

Nell’ambito del nostro percorso di “crescita personale”, mi sento di consigliarvi l’approfondimento delle tematiche appena accennate, in quanto saper gestire efficacemente ogni situazione conflittuale nella vita quotidiana contribuisce indubbiamente ad incrementare il senso di autostima e di controllo della propria vita.

A tal proposito, posso consigliarvi un testo, che sarà edito a partire dal 4 novembre, di Pier Paolo Sposato, dal titolo “Come gestire i conflitti” che approfondisce le tematiche del conflitto e guida al raggiungimento di quelle abilità necessarie alla gestione efficace di ogni situazione, per conseguire i propri obiettivi.

Se volete, sin d’ora, leggere il primo capitolo, potete scaricarlo gratuitamente cliccando sull’immagine seguente:

Ebook

Buon inizio settimana a tutti!

Josè




sabato 24 ottobre 2009

Energia inizia per H


Se vi chiedessi qual è l’elemento più abbondante nell’universo, rispondereste prontamente: l’idrogeno!

Questo non può che farmi piacere.

E direste pure che è l’elemento più leggero ed è assai raro sulla Terra trovarlo allo stato elementare, vista la sua estrema volatilità (ad esempio, lo troviamo nelle emanazioni vulcaniche, nelle sorgenti petrolifere, nelle fumarole).

Molto bene.

E, visto che ci siamo, diremo pure che la sua presenza si manifesta, soprattutto, sotto forma di composti: l’acqua, per esempio, ma anche gli idrocarburi, le sostanze minerali, gli organismi animali e vegetali…

Ma, adesso, alzi la mano chi di voi sa che su questo elemento oggi si gioca la più grande scommessa per la risoluzione dei problemi energetici del nostro pianeta.

Ehm… vedo poche mani alzate…

Beh, allora vuol dire che mi soffermerò un attimo… ho da dirvi qualcosa in merito.

Più precisamente, oltre ad essere un componente essenziale dell’acqua (vi ricordate la formuletta H2O?) e quindi alla base della vita, l’idrogeno riveste un’importanza strategica per ciò che concerne il suo impiego come “vettore energetico” (per vettore energetico si intende tutto ciò da cui si può ricavare energia utile mediante conversione di fonti energetiche primarie, come il carbone, l’elettricità, la benzina, ecc).

L’interesse nei confronti dell’idrogeno, nel campo energetico, deriva dal fatto che l’inquinamento prodotto, durante il suo impiego, è del tutto nullo, non presentando emissioni di sostanze nocive e di gas serra.

Questo si verifica nel caso in cui vengano utilizzati determinati sistemi elettrochimici come le celle a combustibile (di cui vi dirò più avanti).
In tal modo si può riuscire a produrre “energia pulita”, con emissioni di puro vapore d’acqua.
Immaginate cosa significherebbe se le nostre auto emettessero solo vapore d’acqua dai tubi di scarico…

Inoltre, rispetto agli altri combustibili, l’idrogeno è incolore, inodore, non velenoso, estremamente volatile e leggero.

Questo elemento rappresenta, quindi, il componente ideale di un futuro sistema energetico sostenibile, ma già nel breve-medio termine è in grado di rendere i combustibili fossili (carbone, petrolio) compatibili con le esigenze ambientali.

L’idrogeno, infatti, può essere ricavato sia da fonti fossili che da quelle rinnovabili (nel primo caso, comunque, esiste l’inconveniente della produzione di grandi quantità di CO2, alle quali si può far fronte con il sistema del cosiddetto “confinamento”, consistente nella separazione dell’anidride carbonica prodotta come scarto e nella sua immissione in giacimenti esauriti di idrocaburi o in acquiferi salini a grandi profondità, in modo da limitarne l’effetto negativo sull’ambiente).

Va tuttavia sottolineato che la produzione di idrogeno da combustibili fossili dovrebbe essere considerata come una prima fase propedeutica alla produzione da fonti rinnovabili, che rappresenta certamente la soluzione più promettente nel lungo termine.

L’idrogeno, oltre che da fonti fossili, può anche (e soprattutto) essere prodotto dall’acqua scindendo la stessa nei suoi componenti (idrogeno e ossigeno) attraverso diversi processi, tra i quali quello più noto è l’elettrolisi, che è esattamente la reazione inversa a quella che si stabilisce nelle celle a combustibile.
Un tale processo di “produzione” e “consumo” è, pertanto, ambientalmente sostenibile, purché sia disponibile una corrispondente quantità di energia elettrica pulita in grado di alimentare il processo di elettrolisi.

A tal proposito, sarebbe immediato pensare al sole come sorgente di questa energia, sfruttabile attraverso l’utilizzo di impianti di conversione fotovoltaica.

In parole povere, mediante l’uso di energia solare fotovoltaica si può produrre, a partire dall’acqua, idrogeno e ossigeno che poi si ricombinano nelle celle a combustibile per produrre l’energia elettrica di cui si ha bisogno.

Come prodotto finale di scarto si genera una quantità di acqua pura pressappoco uguale a quella di partenza, chiudendo in tal modo il ciclo senza emissioni inquinanti.

A fronte di queste qualità ambientali, tuttavia l’introduzione dell’idrogeno come combustibile richiede la messa a punto di opportune tecnologie per consentirne la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo.

Ma prima di trattare questi aspetti tecnici, soffermiamoci, ancora una volta, sulle principali caratteristiche dell’idrogeno, che lo rendono interessante ai fini della produzione di energia:

• è un gas che brucia nell’aria secondo la seguente semplice reazione:
H2 + 1/2 O2 = H2O + calore, vale a dire
idrogeno + ossigeno = acqua + calore
da cui risulta che l’unico prodotto della reazione è “acqua pura”;

• può essere prodotto da fonti fossili, rinnovabili o nucleare;

• può essere distribuito in rete in modo abbastanza agevole, dal punto di vista tecnico;

• può essere impiegato in diverse applicazioni (produzione di energia elettrica, generazione di calore, trazione) con un impatto locale nullo o estremamente ridotto.

Immaginiamo che potenziale enorme potrebbero rappresentare le distese oceaniche: da ogni kg di acqua pura si ricavano 111 g di idrogeno che, una volta bruciati, producono 3.200 chilocalorie di energia termica.
In pratica, si potrebbe ricavare tutta l’energia per soddisfare il fabbisogno dell’intero pianeta!

Il modo più “pulito” di impiegare l’idrogeno è quello che prevede, come abbiamo sopra accennato, l’uso di particolari sistemi elettrochimici denominati “celle a combustibile”, che permettono la trasformazione diretta dell’energia chimica contenuta nel gas in energia elettrica, senza emissioni dannose.

Si tratta di un dispositivo elettrochimico che converte direttamente l’energia di un combustibile in elettricità e calore.
In sostanza, funziona in modo analogo ad una batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un processo elettrochimico; a differenza di quest’ultima, tuttavia, consuma sostanze provenienti dall’esterno (nel nostro caso, idrogeno e ossigeno) ed è quindi in grado di funzionare senza interruzioni, finché al sistema viene fornito combustibile (H) ed ossidante (O).

La trasformazione elettrochimica è accompagnata da produzione di calore, che è necessario estrarre continuamente per mantenere costante la temperatura di funzionamento della cella.
Inoltre, le celle vengono disposte in serie, a formare il cosiddetto “stack”.
Gli stack, a loro volta, sono assemblati in “moduli”, per ottenere generatori della potenza richiesta.

Finora, tutto bello.

Va detto, comunque, che l’impiego di tale vettore energetico richiede l’allestimento di tutta una serie di infrastrutture integrate, al fine di renderlo economico e affidabile in tutte le varie fasi della catena tecnologica, vale a dire: produzione, confinamento dell’anidride carbonica generata nel processo, trasporto, stoccaggio, usi finali.

Ad esempio, pensiamo al caso dell’autotrazione. Occorre sviluppare non solo il sistema di generazione più adatto (ad esempio le celle a combustibile da installare a bordo), ma anche opportuni serbatoi per equipaggiare i veicoli e sistemi di trasporto e distribuzione paragonabili a quelli dei carburanti tradizionali.

Ma il vero limite attuale non è rappresentato dagli aspetti tecnici, bensì dal costo, ancora molto elevato, ma tendente al ribasso, come conseguenza della ricerca nel campo del miglioramento dei rendimenti dei sistemi di produzione e nell’ottimizzazione e standardizzazione di quelli di trasporto e stoccaggio.

Per questo motivo, sono allo studio nuovi materiali e soluzioni innovative che dovrebbero arrivare a maturazione nel giro di alcuni anni.

Per ciò che concerne il trasporto dell’idrogeno, a seconda delle quantità interessate, esso può avvenire per mezzo di autocisterne o con idrogenodotti.
Questi sistemi, entrambi praticabili con le tecnologie attuali, presentano costi sostanzialmente differenti e vanno pertanto applicati solo in seguito di specifiche analisi tecnico-economiche per le singole applicazioni.

Le due principali utilizzazioni previste in futuro per l’idrogeno, per le quali il settore della ricerca si sta impegnando, riguardano l’impiego come combustibile per la generazione di energia elettrica e per il trasporto.

In particolare, nel campo dell’autotrazione, l’obiettivo della ricerca è quello d’incentivare lo sviluppo della tecnologia elettrica e, fra le varie soluzioni, quella più promettente a medio-lungo termine è basata appunto sull’uso dell’idrogeno in veicoli equipaggiati con celle a combustibile, che presentano tutte le caratteristiche di un veicolo elettrico, in quanto il sistema di generazione produce corrente continua.

L’impatto ambientale di un veicolo a celle alimentato ad idrogeno è praticamente nullo, con i gas di scarico che contengono solamente aria e vapor d’acqua.
Allo stato attuale, vi sono alcuni vincoli che si oppongono alla penetrazione del veicolo a idrogeno. Le principali barriere sono di natura tecnologica, strutturale, economica, normativa e di accettazione sociale.

Tra i problemi tecnologici, il sistema d’accumulo dell’idrogeno a bordo è uno dei più critici in assoluto, in quanto condiziona pesantemente l’autonomia del veicolo rispetto ai concorrenti convenzionali, a causa dell’eccessivo peso e ingombro dei serbatoi attuali.

Fra gli ostacoli strutturali, si può includere la mancanza di una rete di stazioni di rifornimento. L’avvio della realizzazione delle infrastrutture di distribuzione è un’operazione complessa da attuarsi, sia per l’incertezza sulla redditività dell’investimento, in mancanza di una domanda ben quantificabile, sia per quanto riguarda la scelta delle tecnologie di produzione dell’idrogeno, la fonte da usare, la modalità d’approvvigionamento, la scelta dei siti.

I costi di un veicolo a idrogeno rappresentano un altro handicap con cui confrontarsi, ancora ben più alti rispetto ai concorrenti tradizionali.

Si rendono poi necessari interventi mirati all’adeguamento della normativa.
A tal proposito, ad esempio, sarebbero utili norme incentivanti, che privilegino la circolazione degli autoveicoli a idrogeno nei centri urbani, in quanto a basso impatto ambientale.

Infine, a livello psicologico, i cittadini tendono mediamente a privilegiare l’uso delle tecnologie consolidate perché più familiari e quindi percepite più sicure e più vantaggiose. La penetrazione di una nuova tecnologia quindi dovrà essere accompagnata da una campagna di informazione tendente a ridurre la barriera di accettabilità sociale, attraverso un’evidenziazione dei vantaggi connessi alla tecnologia e delle modalità per superare i possibili inconvenienti.

E per quanto concerne la sicurezza?

A tal proposito, esistono ancora molte perplessità determinate dalla poca familiarità con questo vettore. Ma un’analisi attenta ridimensiona il concetto di pericolosità dell’idrogeno.
Vediamo perché.

- L’idrogeno è meno infiammabile della benzina. La sua temperatura di autoaccensione è di circa 550 °C, contro i 230-500 °C (a seconda dei tipi) della benzina.

- E’ il più leggero degli elementi (quindici volte meno dell’aria), e perciò si diluisce molto rapidamente in spazi aperti.

- È praticamente impossibile farlo detonare, se non in spazi confinati. Per individuare concentrazioni potenzialmente pericolose (> 4% in aria) si utilizzano sensori che possono facilmente comandare adeguati sistemi di sicurezza. I veicoli prototipo della BMW, ad esempio, hanno vetri e tettuccio che, in caso di presenza del gas, si aprono automaticamente.

- Quando brucia, l’idrogeno si consuma molto rapidamente, con fiamme dirette verso l’alto e caratterizzate da una radiazione termica a lunghezza d’onda molto bassa, quindi facilmente assorbibile dall’atmosfera.

- Per contro, materiali come la benzina, il gasolio, il GPL od il gas naturale sono più pesanti dell’aria e, non disperdendosi, rimangono una fonte di pericolo per tempi molto più lunghi (è stato calcolato, con dati sperimentali, che l’incendio di un veicolo a benzina si protrae per 20-30 minuti, mentre per un veicolo ad idrogeno non dura più di 1-2 minuti).

- L’idrogeno, infine, al contrario dei combustibili fossili, non è tossico, né corrosivo ed eventuali perdite dai serbatoi non causano problemi di inquinamento del terreno o di falde idriche sotterranee.

Penso che possa bastare, non credete?

domenica 18 ottobre 2009

Puntare all’eccellenza


Puntare all’Eccellenza (con la E maiuscola), ad una più alta qualità della vita, ad un migliore rapporto con gli altri, è solo un diritto o anche un dovere?
A ciascuno la sua risposta.

Già nei primi anni ’70, Richard Bandler e il linguista John Grinde affrontarono la questione della crescita personale sviluppando, grazie al contributo scientifico diretto o indiretto di tanti altri studiosi, una specifica metodologia nota come Programmazione Neuro Linguistica o, più semplicemente, PNL.

In parole povere, la PNL è la scienza che studia da quasi quarant’anni i più grandi geni mai esistiti, al fine di ricavarne dei “modelli” ed estrarre le tecniche e le strategie che hanno fatto la differenza nella loro vita.
Nonostante la PNL abbia preso spunto per il proprio lavoro da alcuni concetti derivanti da numerose materie scientifiche, le sue applicazioni e le sue teorie, in passato, non sono state riconosciute dalla comunità scientifica internazionale, in quanto classificata come una dottrina “esoterica” ed un movimento facente parte della “New Age”.

Al giorno d’oggi, comunque, la PNL riesce a riscuotere un innegabile successo, in ogni angolo del mondo, avendo il pregio, a mio parere, di stimolare la conoscenza, l’approfondimento e la cura della propria crescita personale in tutti i campi, dal privato al professionale.

Ciò avviene attraverso lo studio dei cosiddetti tre “pilastri” della PNL: comunicazione, motivazione e autostima.

Se ci si ferma un attimo a pensare, sono questi i tre ambiti principali che contraddistinguono le persone di successo.

Ebbene, la PNL fa appunto questo: fornisce, attraverso lo studio attento dell’eccellenza umana, le strategie che possono aiutare a crescere e migliorare ogni giorno, consentendo di avere una vita migliore e di qualità. Sta poi, come sempre, a ciascuno di noi, mettere in pratica o meno i consigli ricevuti.

Secondo gli sviluppatori di questa metodologia si tratta di un modello applicativo capace di facilitare il cambiamento personale, tramite un insieme di tecniche e strumenti relativi alla comunicazione, alla percezione e all’esperienza soggettiva (grazie anche all'integrazione tra psicologia, linguistica, cibernetica e teoria dei sistemi).

Lo stesso Bandler, fondatore della PNL, durante i suoi corsi, afferma che essa, piuttosto che un puro e semplice insieme di strategie, sia da considerare un’attitudine, un atteggiamento mentale di curiosità, di apertura nei confronti del mondo, nei confronti degli altri, di fiducia, di comprensione.


L’idea centrale della PNL è che i pensieri, i gesti e le parole dell’individuo interagiscono tra loro nel creare la percezione del mondo.
Modificando la propria visione (detta mappa del mondo, ovvero il sistema di credenze relativo a ciò che è la realtà esterna e a ciò che è la realtà interna), la persona può potenziare le proprie percezioni, migliorare le proprie azioni e le proprie prestazioni.

Alcuni esperti amano definire la PNL “il libretto di istruzioni del cervello”, nel senso che essa insegna a sviluppare abitudini di successo, amplificando i comportamenti facilitanti e diminuendo quelli limitanti.

Il cambiamento può avvenire, come detto, riproducendo con attenzione i comportamenti e le credenze delle persone di successo (è il cosiddetto modellamento), in quanto la PNL sostiene che le persone possiedono in sé tutte le risorse per avere successo. Basta scoprire tale “energia interna”, potenziarla e indirizzarla verso i propri obiettivi.

La denominazione “Programmazione Neuro Linguistica” deriva dalle seguenti considerazioni, fornite dagli stessi fondatori della disciplina:

Programmazione: le modalità umane di comportamento sono variabili e si fondano sulla percezione e sull'esperienza individuali. C'è una gamma predefinita di comportamenti (programmi o schemi), che funzionano in modo inconsapevole ed automatico;

Neuro: ogni comportamento umano è fatto di processi neurologici. Il sistema nervoso riceve stimoli dagli organi di senso (vista, tatto, udito, olfatto e gusto) e li rielabora come percezioni e rappresentazioni;

Linguistica: i processi mentali umani sono codificati, organizzati e trasformati attraverso il linguaggio. Le parole sono “ponti” che collegano le rappresentazioni interne del mondo con l'esperienza. Il linguaggio è l'espressione individuale della nostra percezione soggettiva.

Oltre alle risorse esterne che si ottengono, come detto, con il modellamento di altre persone che hanno già raggiunto l'obiettivo che ci sta a cuore, esistono anche risorse interne che già possediamo, ed abbiamo utilizzato in passato, che hanno prodotto strategie vincenti di fronte a determinate situazioni.
La PNL , infatti, contribuisce a creare, come prima cosa, la consapevolezza dei propri punti di forza.
Quando si presenta un problema, la risorsa che ha dato buoni risultati in passato, tramite la PNL, è recuperata e trasferita allo stato presente.
Ciò vale a dire che non ci si concentra sul problema in sé stesso, ma sulla sua soluzione; non sul “perché”, ma sul “come”.

Se l’argomento trattato in questo post vi ha incuriosito, vorrei adesso farvi un regalo.
Potete scaricare gratuitamente l’ebook di Roland Del Vecchio “La libertà di Raimondo”, cliccando sull’immagine seguente:

Ebook

Tratta del percorso compiuto da un ragazzo che ha creduto nelle proprie risorse: la storia di un caso di balbuzie curato a distanza con la PNL.

Se poi volete approfondire gli aspetti più “segreti” della Programmazione Neuro Linguistica, attraverso un vero e proprio “corso di PNL”, vi consiglio di scaricare l’ebook “PNL SEGRETA” di Giacomo Bruno, trainer PNL certificato, cliccando sull’immagine seguente:

Ebook

Per quanto mi riguarda, io divoro tutto quello che trovo pubblicato su questa interessante e stimolante disciplina.
L’importante è non fermarsi mai...

Una buona settimana a tutti.
Jose

mercoledì 14 ottobre 2009

Conto Energia for Dummies

Conto Energia” è il termine che individua il sistema di incentivazione statale per la produzione di energia elettrica da fonte solare, mediante impianti fotovoltaici permanentemente connessi alla rete elettrica.

In passato, l'incentivazione all'utilizzo delle fonti rinnovabili si esplicava con assegnazioni di somme a fondo perduto, grazie alle quali si poteva limitare il capitale investito.
Con il conto energia, invece, si è introdotto un sistema di finanziamento in “conto esercizio”, in quanto viene remunerata la produzione di energia e non la messa in servizio dell'impianto.
Il proprietario di un impianto fotovoltaico percepisce delle somme in modo continuativo per i primi 20 anni di vita dell'impianto.
Condizione imprescindibile per beneficiare delle tariffe incentivanti è che l'impianto sia connesso alla rete o, come si dice, sia grid connected, e che abbia una potenza di almeno 1 kWp.

Sono pertanto esclusi quegli impianti fotovoltaici installati in zone isolate, non raggiunte dalla rete elettrica.

In modo approssimativo, si può considerare che un comune impianto fotovoltaico sia in grado di generare approssimativamente 1150 kWh annui per ogni kWp di moduli fotovoltaici installati, nel nord Italia. Questo valore sale fino a 1500 kWh spostandosi progressivamente verso sud.

Se riflettiamo sul fatto che il fotovoltaico ha avuto uno sviluppo considerevole in nazioni come la Germania, che attualmente detiene il primato mondiale e dove tale valore di produzione si attesta mediamente sui 600 kWh/kWp annui, è facile dedurre che in Italia, il Paese del Sole, ci sia ancora molto da fare in questo settore.

La favorevole situazione climatica italiana permette al beneficiario di rientrare interamente dei costi sostenuti entro il decimo anno, mentre al sud la situazione è più conveniente, poiché l'investimento tende a rientrare in 8 anni circa.

Con il D.M. del 19 febbraio 2007 il Ministero dello Sviluppo Economico ha fissato i nuovi criteri per incentivare la produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici.
Il provvedimento, inoltre, consente di eliminare parte della burocrazia che aveva caratterizzato il precedente "Conto Energia".

Ma procediamo con ordine.
Intanto, non ci sono più graduatorie ed è sufficiente presentare un progetto preliminare e procedere quindi all’installazione dell’impianto.
Successivamente si presenta il progetto definitivo e si richiede l'attivazione delle tariffe incentivanti.
Il totale di impianti finanziati con il nuovo decreto è di 1.200 MW, ed il relativo conteggio verrà tenuto dal GSE (il Gestore dei Servizi Elettrici) includendo soltanto gli impianti effettivamente entrati in funzione. Se consideriamo che in Italia sono stati installati c.a. 30 MW in totale negli anni precedenti, si deduce che occorrerà un certo tempo per raggiungere installazioni totali per 1.200 MW.

Inoltre, l'Agenzia delle Entrate ha emanato in data 19/7/2007 la Circolare n.46/E concernente la “Disciplina fiscale degli incentivi per gli impianti fotovoltaici”.
Per quanto concerne il trattamento fiscale della tariffa incentivante, la stessa non è soggetta ad IVA, anche nel caso in cui il soggetto realizzi l'impianto fotovoltaico nell'esercizio di attività di impresa, arte o professione, in quanto la tariffa incentivante si configura come un contributo a fondo perduto, percepito dal soggetto responsabile in assenza di alcuna controprestazione resa al soggetto erogatore.

Cerchiamo di capire, adesso, quanto rende un impianto fotovoltaico con il Conto Energia.

Prendiamo come riferimento un impianto “casalingo” da 3kWp.

La remunerazione è naturalmente diversa dal Nord al Sud, perché lo stesso impianto a Milano produce in un anno circa 3.500 kWh, mentre a Palermo, dove c'è più sole, può produrre annualmente oltre 4.500 kWh.

Se consideriamo un impianto “parzialmente integrato” all’architettura dell’immobile (installato, ad esempio, sul tetto, come in figura), il proprietario di Milano riceverà dal GSE:

3.500 kWh x 0,44 €/kWh = 1.540 € all'anno,
mentre il proprietario dell'impianto di Palermo riceverà:
4.500 kWh x 0,44 €/kWh = 1.980 € all'anno.

Quindi, se il mio consumo annuo è di 3.500 kWh e il mio impianto fotovoltaico produce 3.500 kWh all'anno, la spesa si azzera.

Questo si definisce "scambio sul posto", e si effettua mediante un conteggio annuale dei kWh consumati e dei kWh prodotti.
Se sono uguali, non si paga nulla; se c'è una differenza in negativo, si paga la sola differenza.
Se c'è un saldo positivo (cioè abbiamo prodotto più di quanto abbiamo consumato) il Fornitore di energia non ci paga, ma mette a credito per l'anno successivo l'energia prodotta in più.

Quindi se installo sul tetto di casa un impianto fotovoltaico che produce 3.500 kWh/anno, intanto risparmio 600 € circa sulla fornitura elettrica.
Inoltre, a questo risparmio devo sommare l'incentivo del Conto Energia.
Più precisamente:

se abito a Milano, in un anno guadagno:
€ 1.540 dal Conto Energia e € 600 dal risparmio: in totale € 2.140;

se vivo a Palermo, guadagno:
€ 1.980 dal Conto Energia + € 600 dal risparmio: in totale € 2.580.
Considerato che i contributi del Conto Energia vengono erogati per una durata di 20 anni, possiamo desumere che:

a Milano guadagno € 2.140/anno x 20 anni = € 42.800;
a Palermo € 2.580/anno x 20 anni = € 51.600.

Se poi, a questo calcolo semplificato, aggiungiamo il possibile aumento delle tariffe elettriche, il guadagno che ne deriva può risultare sensibilmente maggiore.

Considerato che un impianto da 3kWp di potenza ha un costo di circa € 15.000, si può desumere che con il Conto Energia, come minimo, si triplica il capitale investito, senza alcun rischio finanziario e contribuendo alla salvaguardia l’ambiente.

Per chi volesse approfondire questo argomento di grande attualità, consiglio di scaricare gratuitamente l’utile guida messa a disposizione dal GSE, all’indirizzo seguente:

http://www.gse.it/attivita/ContoEnergiaF/PubblInf/Documents/GuidaContoEnergia.pdf

Se poi si vuole imparare a produrre in piena autonomia l’energia elettrica che occorre, padroneggiando le migliori tecniche e strategie per la gestione dell’investimento nel settore fotovoltaico, consiglio di acquistare l’ebook di Mario Delfino “Investire nel Fotovoltaico”, raggiungibile al seguente indirizzo:

http://www.autostima.net/shopping/prodotto.php?id_prodotto=248&pp=106479

Ebook

Grazie per l’attenzione e a presto.

Una solare giornata a tutti (anche se fuori piove...)
Josè

domenica 11 ottobre 2009

Ma quanto ti ami?

A scuola ci hanno insegnato: Energia = Lavoro = Forza X Spostamento

In soldoni: se c’è una forza che muove un corpo, lì si manifesta energia.

Un oggetto che cade, un’automobile che sfreccia, un povero marito che sposta i mobili di casa sono indubbie espressioni di un lavoro, quindi di energia.

Ma guardiamo oltre. Guardiamoci dentro.

Quante volte abbiamo pensato: “oggi mi sento senza forze, senza energia”…?
E non mi riferisco solo all’energia metabolica, quella, per intenderci, che rende possibile il movimento e l’azione (per spostare i mobili devo prima mangiare… e anche bene, direi !), ma soprattutto quella psichica, tanto intima e segreta, quanto evidente e poderosa!

Ciascuno di noi avrà sicuramente fatto esperienza di come si possa raggiungere un obiettivo, per quanto arduo e insperato, quando si è mossi da convinzione o da disperazione.
Questa energia che “ci viene da dentro” è in grado di incidere in modo determinante sull’ambiente in cui viviamo, spesso modificandolo o adattandolo alle nostre esigenze del momento.

E’ questa l’energia più preziosa di cui disponiamo, che va salvaguardata in ogni istante della nostra vita, quella che i più grandi uomini della Terra hanno saputo sviluppare e perfezionare al fine di influenzare in modo rilevante le sorti dell’intero pianeta.

Il caso del giorno è quello del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, cui è stato assegnato il premio Nobel per la pace, per il costante impegno politico sulla delicata questione del disarmo nucleare.

Siamo d’accordo, Obama non è l’uomo della strada, ha un forte carisma e una personalità fuori dal comune.
Ma su una cosa di sicuro potremo concordare: al di là delle abilità personali, che ci distinguono l’uno dall’altro, ognuno di noi ha una ricchezza interiore che può essere alimentata, coltivata e sviluppata solo se lo vogliamo.
Su questo siete d’accordo?

Chiediamoci allora: quanto ci vogliamo bene?

E ancora: riserviamo a noi stessi, alla nostra crescita interiore, al nostro benessere (non solo materiale!) almeno una piccola parte del giorno?

Riflettiamo sul fatto che possiamo riuscire a trasmettere amore solo se amiamo noi stessi.

La crescita personale, come ho avuto modo di dire nel post introduttivo, è uno degli obiettivi che dovremo perseguire ogni giorno, con passi piccoli, ma inarrestabili, se vogliamo diventare, agli occhi degli altri, delle persone speciali.

Anche Obama avrà prestato la massima attenzione, con un impegno costante e rigoroso, allo sviluppo delle sue capacità comunicative, non lasciando al caso alcun particolare.
E’ quanto dichiara, a tal proposito, lo psicologo Charlie Fantechi che nel suo ebook Ma Obama ha usato l'Ipnosi? (che potrete scaricare gratuitamente cliccando sul link del titolo) svela, con un’analisi approfondita di una serie di documenti riservati, le tecniche di comunicazione “ipnotica” dell’uomo più potente.

Come avrete notato, ho inserito da poco un banner sulla destra, dove è riportata una selezione di ebook molto interessanti, sui temi della formazione personale e professionale.

L’ho fatto, prima di tutto, perché ci credo, perché ritengo tali pubblicazioni, curate dall’editore Giacomo Bruno e che io stesso leggo con frequenza, estremamente coinvolgenti e stimolanti per la mia vita, per evolvermi nei vari campi, dal lavoro ai rapporti sociali, agli affari, al mio benessere generale.

Tutto ciò significa coccolarmi, volermi bene, prendere a cuore il mio benessere, affinché possa, di riflesso, dare il massimo di me in ogni occasione.

Vorrei inaugurare oggi una serie di brevi articoli, con frequenza almeno settimanale, che sviluppino il tema della conoscenza di questa “energia interna”, del suo controllo e del suo sviluppo.

Desidero far questo perché è un argomento che mi piace e io stesso leggo quotidianamente libri, ebook e documenti vari che possano contribuire a rendermi migliore.

Come afferma il titolo del mio blog, ho improntato la mia vita su questa semplice idea: “risparmiare l’energia esterna, potenziare ed emanare l’energia interna, purchè si tratti sempre di energia pulita”.

In questo mio intento, farò riferimento alle pubblicazioni che l’editore Giacomo Bruno ci mette oggi a disposizione sul suo sito nel quale troverete, oltre a ebook di rilevante interesse ai fini formativi, anche molti report ed ebook da scaricare gratuitamente, che ritengo utili per iniziare ad appassionarsi di crescita personale.

Oggi vorrei introdurre il tema dell’AUTOSTIMA.

L’obiettivo che ci poniamo è quello di riuscire a percepirci come persone che hanno fatto delle scelte ben precise e sulla base di queste scelte hanno ottenuto dei risultati tangibili.

Presupposto fondamentale per il raggiungimento di tale obiettivo, è il convincimento seguente:
“Non esistono differenze tra me e gli altri. Con l’impegno costante anch’io potrò ottenere i migliori risultati”.

Questo modo di pensare va a vantaggio esclusivo della propria autostima.
E’ un approccio vincente al mondo che ci circonda, che riduce l’invidia e contribuisce a renderci migliori.
Se si incrementa l’autostima, si vive meglio con gli altri.

Quando l’Autostima è alta, si emana un’aura indefinita.
Chi sta vicino percepisce questo stato d’animo positivo e si predispone al meglio nel rapporto personale.

Questo risultato può essere raggiunto con un impegno costante e quotidiano, attraverso lo studio e l’applicazione delle tecniche della PNL (programmazione neuro linguistica).
Ma di questo vi parlerò in un prossimo post.

Intanto, se desiderate approfondire l’argomento del giorno e iniziare a fare pratica con le tecniche opportune, vi consiglio di scaricare e leggere l’ebook gratuito Autostima Vincente che troverete cliccando sul link.

Buona lettura e buona formazione!

Un sereno fine settimana a tutti!

Josè

giovedì 8 ottobre 2009

Il nucleare a due passi da casa: sogni tranquilli?

Interessanti i risultati emersi della ricerca di mercato «Enti locali e cittadini di fronte alle rinnovabili» condotta dall'Istituto Format, per conto di Somedia, che è stata presentata nel dettaglio oggi a Roma al convegno «Energetica 2009».

Il risultato è il seguente: gli italiani conoscono poco le energie rinnovabili.

Più precisamente, i dati rilevati sono stati i seguenti:

il 26,4% del campione dichiara di conoscere l'energia solare fotovoltaica,
il 17,1% l’energia solare termica,
il 26,6% l'energia eolica,
il 12.3% l'energia da biomasse,
il 7,5% l'energia dalle onde del mare,
il 10,8% la geotermia,
il 6,3% il mini-idroelettrico.

Per quanto riguarda il nucleare, solo il 28% degli intervistati ritiene sicura la produzione di energia da tale fonte, ma soltanto il 26,3% sarebbe disposto ad accettare la presenza di un impianto nucleare nella propria provincia...

Secondo la ricerca, inoltre, gli italiani intervistati dimostrano di conoscere le potenzialità delle rinnovabili e del loro impatto ambientale in prevalenza riguardo il solare fotovoltaico e il solare termico, mentre conoscono assai meno per le altre fonti di energia.

Secondo quanto dichiara l'Istituto Format, l’obiettivo della ricerca, «è stato di analizzare il livello di conoscenza degli italiani in merito alle fonti di energia rinnovabile per verificare le reali possibilitá di partecipazione informata dei cittadini al dibattito pubblico sull'uso delle rinnovabili nel nostro Paese e di accesso alle misure di incentivazione di tali forme di energia offerte dalle politiche pubbliche a livello nazionale e locale».

Secondo tale ricerca, inoltre, per gli italiani le fonti di energia rinnovabile che dovrebbero più di altre essere fatte oggetto di politiche pubbliche di incentivazione sono il solare fotovoltaico (per il 48,6%), l'eolico (25,9%), il solare termico (17,3%), le biomasse (2,6%), le onde del mare (3,3%), la geotermia (1,3%) ed il mini idroelettrico (1,0%).

Vi auguro una giornata ricca di energia!
Josè

martedì 6 ottobre 2009

Sì allo sviluppo, ma sostenibile

Gli eventi tristissimi che hanno recentemente sconvolto i paesi del messinese ci inducono a riflettere, ancora una volta, sull’importanza di conoscere e salvaguardare l’ambiente in cui viviamo.

Nel caso specifico, ad esempio, si sono resi evidenti gli effetti dannosi determinati dall’edificazione su terreni a rischio idrogeologico e dalla deforestazione per tagli e incendi.
Gli presenza di alberi, infatti, oltre a ridurre la quantità di anidride carbonica presente nell’aria, contribuendo a limitare l’effetto serra del pianeta, protegge il suolo, prevenendone l’erosione e le sue catastrofiche conseguenze.

Sfruttare le risorse in modo irrazionale può comportare un prezzo troppo alto.

Risulta evidente che l’attuale modello di sviluppo, in tutti i settori delle applicazioni umane, non è sostenibile e necessita un cambiamento.

Perseguire un modello di sviluppo che sia sostenibile non è solo compito dei governi, ma coinvolge tutti i cittadini, nella vita di tutti i giorni.

Molte azioni che noi ripetiamo quotidianamente come accendere le luci, far funzionare gli elettrodomestici, accendere l’impianto di riscaldamento, andare in macchina, gettare i rifiuti, hanno delle ricadute ambientali non trascurabili.
Dobbiamo pertanto ripensare un modello di sviluppo che sia sostenibile per noi e per i nostri figli.
Investire sulla formazione dei giovani, inoltre, è fondamentale, con l’educazione al rispetto dell’ambiente e all’uso razionale delle risorse naturali ed energetiche.

Ma cosa si intende per sviluppo sostenibile?

Una delle migliori definizioni è quella riportata nel “rapporto Brundtland”, redatto dalla Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo nel 1987 che recita così:

“E’ lo sviluppo capace di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni”

Il progresso ha condotto ad un incremento costante dei consumi, a tutti i livelli.
Quando i beni e i prodotti che consumiamo quotidianamente vengono creati e usati nel pieno rispetto dell’ambiente e delle risorse, si parla di consumo sostenibile.

Ciò implica un corretto uso delle risorse energetiche e ambientali, contribuendo, ognuno per la propria parte, al raggiungimento degli impegni nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Questo significa, in altri termini, migliorare la qualità dell’ambiente in cui viviamo e risparmiare denaro.
Si consideri che le famiglie sono responsabili di circa il 27% delle emissioni nazionali di gas inquinanti.
Il 10% di queste emissioni proviene dagli impianti di riscaldamento, il 9% proviene dal trasporto privato e il 3% dai rifiuti solidi urbani.

Ecco qualche dato di riferimento che può far riflettere.

Il consumo di un solo chilowattora (kWh), che corrisponde a circa mezz’ora d’accensione di uno scaldabagno o di una stufetta elettrici, richiede, nelle migliori centrali termoelettriche, la combustione di circa 250 grammi d’olio combustibile (un quarto di chilo di petrolio) e provoca l’immissione nella atmosfera di 750 grammi di anidride carbonica (circa 400 litri di CO2).

Una prima conclusione è pertanto quella di razionalizzare l’uso dell'impianto di riscaldamento, impiegando caldaie ad alta efficienza, evitando temperature troppo alte (vanno bene 20° durante il giorno e 16° la notte) e regolando il cronotermostato in modo da limitare il numero di ore di accensione al tempo strettamente necessario.

Altro ambito di miglioramento è quello dei trasporti.

La crescente esigenza di mobilità di persone e merci ha portato ad un aumento del volume del traffico passeggeri e a un aumento dei consumi energetici.
L’attuale sistema della mobilità, basato sulla gomma e sul trasporto individuale di persone e merci, è tra le principali cause dell’inquinamento acustico e atmosferico e di spreco energetico.
In conseguenza di ciò, sono anche aumentati i rischi per la salute, senza dimenticare i danni ai monumenti e l’occupazione di spazio pubblico da parte dei veicoli parcheggiati.
Per migliorare la qualità della vita nelle nostre città e per ridurre i rischi per la nostra salute sono necessari interventi risolutivi, non solo migliorando l’efficienza energetica dei mezzi e promuovendo modi di trasporto a ridotto impatto ambientale, ma anche favorendo una “mobilità sostenibile”.

A tal proposito, si possono citare le diverse iniziative governative in questa direzione:

• le disposizioni comunali di limitazione del traffico nelle città;

• la modifica del sistema degli incentivi per la rottamazione;

• il decreto Ronchi che impone il rispetto dei limiti di inquinamento, soprattutto da benzene;

• i Decreti Ministeriali che impongono il controllo annuale delle emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli;

• i Piani Urbani del Traffico (PUT) resi obbligatori per i comuni con più di 30.000 abitanti che hanno l’intento di migliorare la circolazione e la sicurezza stradale, ridurre i consumi energetici e le emissioni acustiche e di gas inquinanti;

• i fondi che le amministrazioni locali potranno utilizzare per finanziare progetti pilota di razionalizzazione della mobilità urbana che utilizzino mezzi di trasporto pubblici elettrici e veicoli a due ruote;

• l’istituzione della figura del Mobility Manager, responsabile della mobilità aziendale per ottimizzare gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti;

• la promozione di forme di uso multiplo delle autovetture, che prevedono il pagamento di una quota proporzionale al tempo d’uso e ai chilometri percorsi (taxi collettivi, car sharing, car pooling).

Quando è possibile, quindi, spostiamoci a piedi o con il mezzo pubblico (bus, metro, tram, car sharing).

Altro tema bollente è quello dei rifiuti.


Se riutilizzati, possono essere una preziosa fonte di energia e di materie prime.
Una famiglia di 4 persone produce ogni giorno, in media, oltre 4 kg di rifiuti.

Con il “Decreto Ronchi” (Dlgs n. 22/97), è stata introdotta la “gestione integrata” dei rifiuti, che mira ad ottimizzare il loro riutilizzo, riciclo, recupero e smaltimento.

Il contributo che noi consumatori possiamo dare è quello di cercare di produrre una minore quantità di rifiuti, soprattutto di imballaggi e contribuire ad effettuare la raccolta differenziata.

La separazione dei rifiuti è la condizione essenziale per poter recuperare materiali di buona qualità, riutilizzabili e vendibili nel mercato del riciclaggio, e per far sì che i rifiuti destinati alla produzione di energia siano privi di materiali tossici e pericolosi.

Non dimentichiamo che esistono anche rifiuti tossici e pericolosi per l’ambiente e per l’uomo: sono le pile elettriche, i medicinali scaduti e gli oli esausti.
Per legge devono essere raccolti negli appositi contenitori.
Mi raccomando, facciamolo sempre.
Questi rifiuti, una volta raccolti, vengono resi innocui con speciali procedimenti chimici e fisici.

Altra risorsa preziosissima: l’acqua.
Essa è una risorsa rinnovabile ma, a causa del progressivo scadimento della sua qualità, non può essere considerata una risorsa infinita.

Purtroppo, la cattiva condizione della nostra rete idrica fa sì che quasi 1/3 dell’acqua immessa nei nostri acquedotti viene persa strada facendo.
Dei 250 litri che, mediamente, ognuno di noi consuma al giorno per gli usi domestici, solo una parte viene utilizzata per il consumo diretto, per cucinare o per l’igiene personale, usi che richiedono la più alta qualità. La parte prevalente viene impiegata per usi non privilegiati: sciacquoni, macchine per lavare, lavaggio di pavimenti, giardinaggio, o persa per incuria.

Non solo: l’acqua prima di uscire dal nostro rubinetto deve essere pompata, depurata, canalizzata e, per alcuni usi, anche riscaldata.

Quindi sprecare acqua significa anche sprecare energia.

Ricordiamo che esistono in commercio alcuni erogatori di acqua che riducono la portata del flusso, e che permettono così di risparmiare sulle spese di acqua e di energia. Questi dispositivi, miscelano l’acqua aumentandone la pressione e arricchendola d’ossigeno. L’acqua esce così in quantità minore, ma con maggior potenza lavante.

L’effetto serra

Negli impianti che utilizzano combustibili fossili (petrolio, carbone) non si genera solo energia, ma vengono liberati nell’aria anche vapor acqueo e anidride carbonica.
Inoltre, dato che il combustibile non brucia mai completamente, oltre all’anidride carbonica vengono emessi gas che sono inquinanti, quali l’ossido di carbonio, il metano e altri idrocarburi, oltre che ossidi di azoto e di zolfo. Una elevata concentrazione di questi gas nell’atmosfera è responsabile dell’aumento del naturale effetto serra del pianeta.

Per comprendere cosa sia l’effetto serra, guardate il seguente video, molto istruttivo e divertente, di Claudio Messora:




La conseguenza ambientale più preoccupante dell’aumento dell’effetto serra è la possibilità che si verifichino cambiamenti globali di clima.


Gli impegni assunti dai governi dei paesi industrializzati (tra i quali la conferenza di Rio del 1992 e il protocollo di Kyoto del 1997) tendono a perseguire i seguenti obiettivi:

• promuovere azioni di riforestazione per incrementare le capacità del pianeta di assorbimento dei gas serra;
• promuovere forme di gestione sostenibile di produzione agricola;
• incentivare la ricerca, lo sviluppo e l’uso di nuove fonti di energie rinnovabili;
• limitare e ridurre le emissioni di metano dalle discariche di rifiuti e dagli altri settori energetici;
• applicare misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni di gas serra.
• migliorare l’efficienza tecnologica e ridurre i consumi energetici nel settore termoelettrico, nel settore dei trasporti e in quello abitativo e industriale.

Perseguire un modello di sviluppo sostenibile è quindi possibile, ma necessita un impegno costante da parte di tutti.
Riflettiamo, comunque, sul fatto che una corretta educazione, in famiglia e a scuola, delle nuove generazioni potrà trasformarlo da semplice impegno a componente essenziale dell’esistenza umana.

Una luminosa giornata a tutti.

Josè

domenica 4 ottobre 2009

Metti a fuoco la tua mente

Qualche giorno fa chiesi a mia moglie cosa ne pensasse di un nuovo modello di automobile, nella previsione di dover abbandonare, a breve, la nostra vecchia compagna di tanti gloriosi viaggi.
Mi rispose di non aver la più pallida idea del modello cui mi stavo riferendo.
“Ma come?” risposi io, “la città ne è piena!”
Dopo un po’, incrociammo l’auto in questione e gliela feci notare.
Ne rimase così piacevolmente impressionata, da esaltarne a lungo ogni particolare: la trovò elegante e, allo stesso tempo, sportiva, dalla linea innovativa, e “che bel colore”…!
Da quel momento ha cominciato a vederla dovunque, come se improvvisamente fosse comparsa dal nulla, ignorando tutte le altre auto di cui, ahimè, la città è comunque piena.

Questo comportamento non ha niente di anomalo.
Lei ha semplicemente messo “a fuoco” la sua mente su quel soggetto.
In gergo tecnico si parla appunto di focalizzazione, che è la predisposizione del cervello a concentrarsi su ciò che ci interessa maggiormente.
In alcuni casi, come quello descritto, tale processo può ritenersi positivo, in quanto permette all’individuo di “filtrare”, tra tante sollecitazioni cui la vita ci sottopone, quella che, in un dato momento, riteniamo di un certo interesse per noi, evitando così di perdere tempo e sprecare energie.

Ma c’è un’implicazione di tale fenomeno che risulta rilevante nei rapporti interpersonali.
Tale comportamento, come abbiamo detto, induce a prestare attenzione (e quindi a selezionare) solo un certo tipo di informazioni.
Nel rapporto con gli altri, ad esempio, potranno essere presi in considerazione solo quegli aspetti di una persona che, in definitiva, confermano l’opinione che di lei si ha già, non considerando quelli che tendono a manifestare il contrario.
E’ il cosiddetto “principio di coerenza”, di cui spesso siamo vittime inconsapevoli.
Si è portati, cioè, a non rimettere in gioco le nostri opinioni sulle persone che abbiamo di fronte. E ciò vale anche per la maggior parte degli eventi che si verificano nella vita.
La mente umana preferisce cancellare o sminuire alcune informazioni al fine di rendere più snello e semplice il suo impegno elaborativo.

Le implicazioni di tale comportamento sono tante, ma qui vorrei soffermarmi su una in particolare, di certo rilevante nella gestione dei rapporti personali e professionali.
E’ immediato dedurre, infatti, che la “prima impressione” che diamo, quando si incontra qualcuno, influenza in modo determinante il giudizio che questi avrà di noi anche in futuro.

Il problema che ci poniamo è quindi il seguente: come dare il meglio di noi in ogni situazione?
Sembrerebbe difficile trovare una soluzione, ma non lo è.
E’ possibile riuscirci sempre ma, come per un’atleta che si prepara ad affrontare una gara, tale comportamento non può essere improvvisato.
Esso è frutto di un processo di crescita graduale e costante, attuabile attraverso un preciso “allenamento” che è sia fisico che psichico.
Ciò che sto affermando l’ho provato su me stesso, seguendo i consigli di esperti, di cui poi vi dirò e riuscendo a migliorare sensibilmente il mio approccio agli altri, sia in campo personale che professionale.
E’ questo uno degli aspetti della vita che più mi affascinano: è possibile migliorarsi ogni giorno, salendo gradino dopo gradino la scala dell’evoluzione personale e trasformando gli imprevisti in opportunità.

Come per tutti i processi umani, è indispensabile iniziare bene, valutando attentamente il nostro “punto di partenza”, vale a dire la condizione attuale rispetto al contesto in cui siamo immersi: famiglia, amici, lavoro, soldi, salute, emozioni, etc
A tal fine si ricorre ad opportuni strumenti, in grado di definire e rappresentare in modo puntuale i valori “iniziali” dai quali partirà il nostro percorso.
In questa fase si gettano le fondamenta del nostro progresso, attraverso la definizione chiara, puntuale e adeguata degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, in vista della piena realizzazione del nostro “progetto di vita”.
Statene certi: non c’è soddisfazione più grande di quella che deriva dal raggiungimento di un traguardo.

Condizione ineludibile affinchè ciò avvenga è la motivazione.
Esistono, a tal fine, esercizi specifici per il suo “rafforzamento”. Riprendendo il discorso iniziale, si tratta, ancora una volta, di “focalizzare” positivamente la nostra mente sugli obiettivi prefissati, in modo da non “sprecare” risorse ed energie lungo il cammino.

Quella cominciata adesso è un’avventura stimolante. Viverla con interesse e motivazione è senza dubbio il regalo più bello che ognuno di noi può fare a sé stesso.

In uno dei prossimi post, vorrei cominiciare ad analizzare i dettagli di questo processo, prendendo in considerazione le modalità di determinazione degli obiettivi e le tecniche e gli esercizi necessari per il loro raggiungimento.

Attendo pertanto commenti, idee, proposte per rendere questo viaggio ancora più interessante!
A presto e buona giornata!