sabato 24 ottobre 2009

Energia inizia per H


Se vi chiedessi qual è l’elemento più abbondante nell’universo, rispondereste prontamente: l’idrogeno!

Questo non può che farmi piacere.

E direste pure che è l’elemento più leggero ed è assai raro sulla Terra trovarlo allo stato elementare, vista la sua estrema volatilità (ad esempio, lo troviamo nelle emanazioni vulcaniche, nelle sorgenti petrolifere, nelle fumarole).

Molto bene.

E, visto che ci siamo, diremo pure che la sua presenza si manifesta, soprattutto, sotto forma di composti: l’acqua, per esempio, ma anche gli idrocarburi, le sostanze minerali, gli organismi animali e vegetali…

Ma, adesso, alzi la mano chi di voi sa che su questo elemento oggi si gioca la più grande scommessa per la risoluzione dei problemi energetici del nostro pianeta.

Ehm… vedo poche mani alzate…

Beh, allora vuol dire che mi soffermerò un attimo… ho da dirvi qualcosa in merito.

Più precisamente, oltre ad essere un componente essenziale dell’acqua (vi ricordate la formuletta H2O?) e quindi alla base della vita, l’idrogeno riveste un’importanza strategica per ciò che concerne il suo impiego come “vettore energetico” (per vettore energetico si intende tutto ciò da cui si può ricavare energia utile mediante conversione di fonti energetiche primarie, come il carbone, l’elettricità, la benzina, ecc).

L’interesse nei confronti dell’idrogeno, nel campo energetico, deriva dal fatto che l’inquinamento prodotto, durante il suo impiego, è del tutto nullo, non presentando emissioni di sostanze nocive e di gas serra.

Questo si verifica nel caso in cui vengano utilizzati determinati sistemi elettrochimici come le celle a combustibile (di cui vi dirò più avanti).
In tal modo si può riuscire a produrre “energia pulita”, con emissioni di puro vapore d’acqua.
Immaginate cosa significherebbe se le nostre auto emettessero solo vapore d’acqua dai tubi di scarico…

Inoltre, rispetto agli altri combustibili, l’idrogeno è incolore, inodore, non velenoso, estremamente volatile e leggero.

Questo elemento rappresenta, quindi, il componente ideale di un futuro sistema energetico sostenibile, ma già nel breve-medio termine è in grado di rendere i combustibili fossili (carbone, petrolio) compatibili con le esigenze ambientali.

L’idrogeno, infatti, può essere ricavato sia da fonti fossili che da quelle rinnovabili (nel primo caso, comunque, esiste l’inconveniente della produzione di grandi quantità di CO2, alle quali si può far fronte con il sistema del cosiddetto “confinamento”, consistente nella separazione dell’anidride carbonica prodotta come scarto e nella sua immissione in giacimenti esauriti di idrocaburi o in acquiferi salini a grandi profondità, in modo da limitarne l’effetto negativo sull’ambiente).

Va tuttavia sottolineato che la produzione di idrogeno da combustibili fossili dovrebbe essere considerata come una prima fase propedeutica alla produzione da fonti rinnovabili, che rappresenta certamente la soluzione più promettente nel lungo termine.

L’idrogeno, oltre che da fonti fossili, può anche (e soprattutto) essere prodotto dall’acqua scindendo la stessa nei suoi componenti (idrogeno e ossigeno) attraverso diversi processi, tra i quali quello più noto è l’elettrolisi, che è esattamente la reazione inversa a quella che si stabilisce nelle celle a combustibile.
Un tale processo di “produzione” e “consumo” è, pertanto, ambientalmente sostenibile, purché sia disponibile una corrispondente quantità di energia elettrica pulita in grado di alimentare il processo di elettrolisi.

A tal proposito, sarebbe immediato pensare al sole come sorgente di questa energia, sfruttabile attraverso l’utilizzo di impianti di conversione fotovoltaica.

In parole povere, mediante l’uso di energia solare fotovoltaica si può produrre, a partire dall’acqua, idrogeno e ossigeno che poi si ricombinano nelle celle a combustibile per produrre l’energia elettrica di cui si ha bisogno.

Come prodotto finale di scarto si genera una quantità di acqua pura pressappoco uguale a quella di partenza, chiudendo in tal modo il ciclo senza emissioni inquinanti.

A fronte di queste qualità ambientali, tuttavia l’introduzione dell’idrogeno come combustibile richiede la messa a punto di opportune tecnologie per consentirne la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo.

Ma prima di trattare questi aspetti tecnici, soffermiamoci, ancora una volta, sulle principali caratteristiche dell’idrogeno, che lo rendono interessante ai fini della produzione di energia:

• è un gas che brucia nell’aria secondo la seguente semplice reazione:
H2 + 1/2 O2 = H2O + calore, vale a dire
idrogeno + ossigeno = acqua + calore
da cui risulta che l’unico prodotto della reazione è “acqua pura”;

• può essere prodotto da fonti fossili, rinnovabili o nucleare;

• può essere distribuito in rete in modo abbastanza agevole, dal punto di vista tecnico;

• può essere impiegato in diverse applicazioni (produzione di energia elettrica, generazione di calore, trazione) con un impatto locale nullo o estremamente ridotto.

Immaginiamo che potenziale enorme potrebbero rappresentare le distese oceaniche: da ogni kg di acqua pura si ricavano 111 g di idrogeno che, una volta bruciati, producono 3.200 chilocalorie di energia termica.
In pratica, si potrebbe ricavare tutta l’energia per soddisfare il fabbisogno dell’intero pianeta!

Il modo più “pulito” di impiegare l’idrogeno è quello che prevede, come abbiamo sopra accennato, l’uso di particolari sistemi elettrochimici denominati “celle a combustibile”, che permettono la trasformazione diretta dell’energia chimica contenuta nel gas in energia elettrica, senza emissioni dannose.

Si tratta di un dispositivo elettrochimico che converte direttamente l’energia di un combustibile in elettricità e calore.
In sostanza, funziona in modo analogo ad una batteria, in quanto produce energia elettrica attraverso un processo elettrochimico; a differenza di quest’ultima, tuttavia, consuma sostanze provenienti dall’esterno (nel nostro caso, idrogeno e ossigeno) ed è quindi in grado di funzionare senza interruzioni, finché al sistema viene fornito combustibile (H) ed ossidante (O).

La trasformazione elettrochimica è accompagnata da produzione di calore, che è necessario estrarre continuamente per mantenere costante la temperatura di funzionamento della cella.
Inoltre, le celle vengono disposte in serie, a formare il cosiddetto “stack”.
Gli stack, a loro volta, sono assemblati in “moduli”, per ottenere generatori della potenza richiesta.

Finora, tutto bello.

Va detto, comunque, che l’impiego di tale vettore energetico richiede l’allestimento di tutta una serie di infrastrutture integrate, al fine di renderlo economico e affidabile in tutte le varie fasi della catena tecnologica, vale a dire: produzione, confinamento dell’anidride carbonica generata nel processo, trasporto, stoccaggio, usi finali.

Ad esempio, pensiamo al caso dell’autotrazione. Occorre sviluppare non solo il sistema di generazione più adatto (ad esempio le celle a combustibile da installare a bordo), ma anche opportuni serbatoi per equipaggiare i veicoli e sistemi di trasporto e distribuzione paragonabili a quelli dei carburanti tradizionali.

Ma il vero limite attuale non è rappresentato dagli aspetti tecnici, bensì dal costo, ancora molto elevato, ma tendente al ribasso, come conseguenza della ricerca nel campo del miglioramento dei rendimenti dei sistemi di produzione e nell’ottimizzazione e standardizzazione di quelli di trasporto e stoccaggio.

Per questo motivo, sono allo studio nuovi materiali e soluzioni innovative che dovrebbero arrivare a maturazione nel giro di alcuni anni.

Per ciò che concerne il trasporto dell’idrogeno, a seconda delle quantità interessate, esso può avvenire per mezzo di autocisterne o con idrogenodotti.
Questi sistemi, entrambi praticabili con le tecnologie attuali, presentano costi sostanzialmente differenti e vanno pertanto applicati solo in seguito di specifiche analisi tecnico-economiche per le singole applicazioni.

Le due principali utilizzazioni previste in futuro per l’idrogeno, per le quali il settore della ricerca si sta impegnando, riguardano l’impiego come combustibile per la generazione di energia elettrica e per il trasporto.

In particolare, nel campo dell’autotrazione, l’obiettivo della ricerca è quello d’incentivare lo sviluppo della tecnologia elettrica e, fra le varie soluzioni, quella più promettente a medio-lungo termine è basata appunto sull’uso dell’idrogeno in veicoli equipaggiati con celle a combustibile, che presentano tutte le caratteristiche di un veicolo elettrico, in quanto il sistema di generazione produce corrente continua.

L’impatto ambientale di un veicolo a celle alimentato ad idrogeno è praticamente nullo, con i gas di scarico che contengono solamente aria e vapor d’acqua.
Allo stato attuale, vi sono alcuni vincoli che si oppongono alla penetrazione del veicolo a idrogeno. Le principali barriere sono di natura tecnologica, strutturale, economica, normativa e di accettazione sociale.

Tra i problemi tecnologici, il sistema d’accumulo dell’idrogeno a bordo è uno dei più critici in assoluto, in quanto condiziona pesantemente l’autonomia del veicolo rispetto ai concorrenti convenzionali, a causa dell’eccessivo peso e ingombro dei serbatoi attuali.

Fra gli ostacoli strutturali, si può includere la mancanza di una rete di stazioni di rifornimento. L’avvio della realizzazione delle infrastrutture di distribuzione è un’operazione complessa da attuarsi, sia per l’incertezza sulla redditività dell’investimento, in mancanza di una domanda ben quantificabile, sia per quanto riguarda la scelta delle tecnologie di produzione dell’idrogeno, la fonte da usare, la modalità d’approvvigionamento, la scelta dei siti.

I costi di un veicolo a idrogeno rappresentano un altro handicap con cui confrontarsi, ancora ben più alti rispetto ai concorrenti tradizionali.

Si rendono poi necessari interventi mirati all’adeguamento della normativa.
A tal proposito, ad esempio, sarebbero utili norme incentivanti, che privilegino la circolazione degli autoveicoli a idrogeno nei centri urbani, in quanto a basso impatto ambientale.

Infine, a livello psicologico, i cittadini tendono mediamente a privilegiare l’uso delle tecnologie consolidate perché più familiari e quindi percepite più sicure e più vantaggiose. La penetrazione di una nuova tecnologia quindi dovrà essere accompagnata da una campagna di informazione tendente a ridurre la barriera di accettabilità sociale, attraverso un’evidenziazione dei vantaggi connessi alla tecnologia e delle modalità per superare i possibili inconvenienti.

E per quanto concerne la sicurezza?

A tal proposito, esistono ancora molte perplessità determinate dalla poca familiarità con questo vettore. Ma un’analisi attenta ridimensiona il concetto di pericolosità dell’idrogeno.
Vediamo perché.

- L’idrogeno è meno infiammabile della benzina. La sua temperatura di autoaccensione è di circa 550 °C, contro i 230-500 °C (a seconda dei tipi) della benzina.

- E’ il più leggero degli elementi (quindici volte meno dell’aria), e perciò si diluisce molto rapidamente in spazi aperti.

- È praticamente impossibile farlo detonare, se non in spazi confinati. Per individuare concentrazioni potenzialmente pericolose (> 4% in aria) si utilizzano sensori che possono facilmente comandare adeguati sistemi di sicurezza. I veicoli prototipo della BMW, ad esempio, hanno vetri e tettuccio che, in caso di presenza del gas, si aprono automaticamente.

- Quando brucia, l’idrogeno si consuma molto rapidamente, con fiamme dirette verso l’alto e caratterizzate da una radiazione termica a lunghezza d’onda molto bassa, quindi facilmente assorbibile dall’atmosfera.

- Per contro, materiali come la benzina, il gasolio, il GPL od il gas naturale sono più pesanti dell’aria e, non disperdendosi, rimangono una fonte di pericolo per tempi molto più lunghi (è stato calcolato, con dati sperimentali, che l’incendio di un veicolo a benzina si protrae per 20-30 minuti, mentre per un veicolo ad idrogeno non dura più di 1-2 minuti).

- L’idrogeno, infine, al contrario dei combustibili fossili, non è tossico, né corrosivo ed eventuali perdite dai serbatoi non causano problemi di inquinamento del terreno o di falde idriche sotterranee.

Penso che possa bastare, non credete?

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